Non esiste una datazione precisa per il Decadentismo, che si inserisce nel dibattito letterario ed ideologico tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Si tratta di una corrente letteraria e artistica, ma soprattutto di pensiero (è comunque possibile imbattersi in autori che non si identificano unicamente nel Decadentismo).

Sappiamo che questa corrente si sviluppa negli ultimi decenni dell’ottocento a Parigi, con Paul Verlaine, negli stessi anni in cui si diffondono il Positivismo, il Naturalismo e il Verismo. È il periodo della belle époque, ma si inizia a percepire un sentimento di decadenza legato alla paura di perdere la ricchezza. L’uomo inizia a ricercare una via di fuga e si rifugia nello sfarzo e nella ricchezza stessa.

Gli scrittori decadenti si presentano come inseriti nella società borghese; tuttavia, si distaccano dal Positivismo e dalla fede nella ragione e nel progresso. La visione del mondo decadente rifiuta infatti la pretesa della scienza di poter spiegare ogni cosa, nonché il culto del profitto e la morale borghese. A ciò contribuisce la scienza stessa, poiché il suo crescente rigore critico inizia ad essere inconciliabile con la credenza positivista dell’intoccabilità della scienza.

Con il decadentismo si ha un passaggio dal racconto della società al racconto del singolo uomo.

Caratteristiche e punti chiave

 

  • In un certo senso portano all’esasperazione il percorso romantico , ma superando l’idea del sentimento e concentrandosi sull’inconscio e subconscio.
  • Il termine “decadentismo” nasce in senso dispregiativo da parte dei Naturalisti.
  • Il nuovo protagonista è l’inetto (il contrario dell’homo faber)
  • Si afferma con il Decadentismo il romanzo psicologico, in cui l’io diventa protagonista, ma in tutta la sua inattendibilità e la sua irrazionalità.

 

In antitesi rispetto al Positivismo e al Naturalismo, si fonda su ciò che sfugge alla ragione, sui misteri da cogliere, su una realtà nascosta. Riflette la crisi esistenziale di questo periodo storico, una crisi delle certezze (dovuta agli studi, per esempio, di Freud e di Einstein, che sono per altro il risultato del Positivismo).

La visione del mondo decadente rifiuta infatti la pretesa della scienza di poter spiegare ogni cosa, nonché il culto del profitto e la morale borghese. A ciò contribuisce la scienza stessa, poiché il suo crescente rigore critico inizia ad essere inconciliabile con la credenza positivista dell’intoccabilità della scienza.

Ai metodi scientifici si contrappongono i sentimenti e un senso di solitudine acuto, accompagnato da un’esigenza di evadere e dal diffondersi della noia. In inglese, la noia viene detta spleen (che vuol dire anche “milza”, poiché questa era ritenuta responsabile di secernere la bile nera, posta all’origine della depressione).

 

Il Decadentismo si fonda su un esasperato individualismo, una visione pessimistica del mondo e della vita umana e la polemica contro il Positivismo rispetto al rapporto “io-mondo”. Una grande novità è dovuta proprio all’influenza della psicoanalisi, con l’introduzione dell’inconscio e del subconscio.

 

Temi principali:

 

  1. la malattia (legata alla nevrosi, parola chiave freudiana). Si tratta però di una malattia che è occasione di conoscenza. Si ribalta quindi la prospettiva: e se fosse il malato ad avere ragione?
  2. la sensualità torbida, passione irrazionale, l’idea della femme fatale, dell’attrazione irrefrenabile;
  3. la stanchezza, il languore, il culto della bellezza;
  4. lo stato d’animo del poeta decadente (introdotto di fatto da Baudelaire) l’idea dello spleen, taedium vitae: tristezza, disperazione, angoscia esistenziale; senso di vuoto e del nulla. A questo si aggiunge un desiderio di autodistruzione, che si traduce in scelte di vita quasi estreme (ex. l’uso di alcool e droghe).

Simbolismo, Estetismo e romanzo psicologico

Il Decadentismo si può suddividere in due momenti fondamentali. Il primo di essi, tra il 1880 e il 1910 circa, vede lo sviluppo della poesia del Simbolismo (Pascoli, Baudelaire, Verlaine, etc.) e dell’Estetismo (D’Annunzio, Huysmans, Wilde).

Il Simbolismo

I Simbolisti, ai quali corrispondono nel campo pittorico gli impressionisti, attribuiscono al poeta il compito di svelare ciò che la realtà nasconde attraverso il simbolo – un elemento della natura in cui si coglie ciò che questa tenta di esprimere – e di connettere attraverso la poesia l’uomo e l’inconscio. Il Simbolismo si propone di trasformare radicalmente il linguaggio poetico per raggiungere zone nascoste della vita umana. In quest’ottica l’unico strumento di svelamento della realtà è la poesia. La poetica simbolista si fonda sul valore della parola, che rinvia ad una realtà più profonda: il linguaggio evoca, non descrive.

 

Figure retoriche come l’analogia e la sinestesia sono valorizzate perché prive di connessioni logiche. Si parla anche di fonosimbolismo: l’allusione al significato attraverso il suono delle parole, che devono donare musicalità ai versi e lasciar trasparire la temperatura emotiva.

L’Estetismo

Con il decadentismo si sviluppa anche la tendenza dell’estetismo, il culto del bello e del valore artistico in sé e per sé (art for art’s sake). L’esteta per eccellenza è Dorian Gray, protagonista del romanzo The picture of Dorian Gray di Oscar Wilde. L’intellettuale diventa un dandy alla continua ricerca di stravaganza.

Il romanzo simbolo dell’estetismo è À Rebour, di Huysmans. Esso non ha una trama, bensì degli episodi incentrati su un giovane, Des Esseintes, che rifiuta i valori borghesi e che si isola dal mondo, dedicando la propria vita alla bellezza e alla contemplazione dell’arte.

 

 

L’Estetismo si basa sul culto della sensazione, abbandonando il concetto di “giusto” o di “sbagliato”. Quest’idea implica il primato degli istinti e dell’inconscio. Nasce la tendenza all’arte per l’arte, i poeti rinunciano ad un ruolo divulgativo.

Il romanzo psicologico

 

Il secondo importante momento del Decadentismo si sviluppa tra il 1910 e il 1925 circa con il diffondersi dei romanzi psicologici (Pirandello, Svevo, Proust, Mann, Joyce, Kafka, Musil, etc.).

Tanto Pirandello quanto Svevo prediligono la prosa. Sono entrambi degli innovatori, in quanto sperimentano nuove soluzioni per il romanzo. Entrambi raccontano le disavventure dei personaggi sconfitti dalla vita. Per Svevo si tratta di inetti (come Zeno); Per Pirandello sono invece privi di identità (come Mattia Pascal).  Entrambi focalizzano l’attenzione sull’analisi psicologica.

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