Ovidio è stato un poeta romano vissuto in età imperiale, molto legato nelle sue vicende personali ad Augusto e alla sua corte. Con il suo stile elegante e raffinato è diventato uno degli autori più iconici di tutta la letteratura latina, soprattutto della poesia elegiaca. Nelle sue opere tratta soprattutto il tema dell’amore, interpretato attraverso diverse chiavi di lettura: da quella personale a quella mitica, da quella drammatica a quella ironica e giocosa a quella
Introduzione a Ovidio
Biografia di Ovidio (43 a.C. – 17/18 d.C.)
Publio Ovidio Nasone nasce nel 43 a.C. a Sulmona da una famiglia equestre. Ancora giovanissimo si trasferisce a Roma per frequentare le più illustri scuole di eloquenza e retorica ed essere guidato da maestri come Arellio Fusco e Porcio Latrone. Mostra sin da subito una maggiore inclinazione alla poesia e, una volta tornato dal viaggio di perfezionamento ad Atene e aver visitato l’Asia Minore, l’Egitto e la Sicilia, entra a far parte del circolo culturale di Valerio Messalla Corvino.
Infatti, dopo una piccola parentesi pubblica in cui occupa esclusivamente delle cariche minori, Ovidio dà avvio alla sua attività letteraria facendosi portavoce del lusso e degli agi degli ambienti romani che egli stesso frequentava. Quindi fà spesso ricorso al tema del piacere, in un momento in cui l’imperativo di Augusto era quello di vivere all’insegna della moralità. Questo contrasto scoppia nell’8 d.C. quando, a causa di un ordine di relegatio (una sorta di exilium in cui il cittadino, però, non perdeva i suoi diritti e i suoi beni), fu costretto a lasciare Roma per Tomi nel Mar Nero. Lì rimane isolato fino alla morte (nel 17 o 18 d.C.), nonostante il suo desiderio di essere sepolto a Roma.
Anche se la ragione di quest’ordine da parte dell’imperatore Augusto non viene rivelata, l’autore lo motiva esplicitamente con due personali colpe: “carmen et error”. Con “carmen” Ovidio fa riferimento all’accusa di immoralità rivolta alla sua poesia, mentre non si è sicuri a cosa voglia allude con il termine “error”. L’ipotesi più probabile è che Ovidio si riferisca alla sua vicinanza a Giulia (la figlia di Augusto, condannata all’esilio per adulterio), e ad altri esponenti pubblici contrari alla rigidità del mos maiorum augusteo. Tra le altre ragioni che spesso vengono addotte per chiarire la presenza di un eventuale “error” da parte sua potrebbe essere l’aver visto un comportamento di Augusto poco rispettoso delle sue stesse regole, la cui rivelazione pubblica sarebbe stata piuttosto sconveniente.
Lo stile e la poetica di Ovidio
Lo stile di Ovidio risulta essere in tutte le sue opere decisamente elegante e raffinato, poiché si sostanzia nel completo abbandono di una serie di meccanismi stilistici spesso utilizzati in passato che rendevano l’intero testo piuttosto irregolare. Al contrario, l’autore predilige maggiormente la musicalità e la fluidità.
Ovidio si è espresso tramite una letteratura dall’immaginario del tutto moderna. La sua materia poetica è senza dubbio diversa da quella argomentata dalla satira di Orazio o dall’approfondimento filosofico alla maniera di Lucrezio. È anche trattata diversamente rispetto alla rigidità classica di autori come Virgilio o alla sensibilità di Catullo. È sempre stato un autore originale, con una distinta personalità.
Anche nell’atto di cantare dell’amore a Roma, egli si distacca dalla macchina propagandistica della corte augustea, il cui principale esponente al potere (Augusto stesso) avvertiva la necessità di ripristinare la moralità tipica del mos maiorum. Anche da un punto di vista lessicale le sue scelte sono sempre raffinate, ma poco conformiste e puntano al rifiuto della lingua impiegata da Ennio e Virgilio e all’introduzione di nuovi termini e costrutti articolati e composti.
In conclusione, è possibile affermare che l’influenza degli anni di studio dell’eloquenza sia facilmente riscontrabile nell’intera produzione, dal momento che l’utilizzo di figure retoriche e giochi di parole sembra descrivere al meglio l’impianto stilistico di tutti i suoi progetti. Questo giustificherebbe la descrizione di Quintiliano che, nel decimo capitolo della sua Institutio oratoria, lo descrive eccessivamente artistico e non in grado di limitare il proprio ingegno.
Le opere di Ovidio
È possibile distinguere le opere di Ovidio molto semplicemente sulla base di due criteri: quello tematico e quello cronologico, che risultano tra di loro perfettamente corrispondenti. Difatti emergono tre periodi di attività poetica e, in ognuna di queste, tre nuclei contenutistici.
- Il primo gruppo comprende le produzioni del periodo della giovinezza scritte dal 25 a.C al 3 d.c e che afferiscono alla categoria di poesia amorosa. Tra queste, per citarne soltanto alcune, gli Amores, le Heroides, l’Ars Amatoria e il poema stoico dal titolo Remedia Amoris.
- Il secondo gruppo comprende le opere mitologico-narrative composte nel periodo della maturità precedente l’ordine di delegatio (tra il 3 e l’8 d.C.). Si datano a questo periodo le Metamorfosi e i Fasti, poema di carattere eziologico di cui erano stati progettati un totale di dodici libri, uno per ogni mese, ma di cui ne sono conservati soltanto la metà.
- Infine nella terza fascia temporale trovano collocazione le opere della relegazione in cui si canta della nostalgia e della solitudine per Roma e gli affetti dell’autore. Tra queste è possibile annoverare i Tristia, le Epistulae ex Ponto e i poemetti Ibis e Halieutica.
Gli Amores (23-14 a.C.)
Amores è il titolo di una delle più celebri opere di Ovidio, composta nel corso della sua giovinezza (tra il 23 e il 14 a.C.). In tre libri da quarantanove carmi ciascuno (nella prima edizione i libri, però, erano cinque), l’opera appare come un insieme di distici elegiaci che si strutturano come un romanzo di genere amoroso in cui trattare consigli d’amore o semplici scene di vita quotidiana.
Ovidio narra dell’amore per una donna di nome Corinna, appellativo di finzione che rimanda al nome di una poetessa greca, una figura femminile piuttosto differente da quelle cantate dai principali poeti d’amore latini. Infatti questo personaggio letterario sembra tenere insieme allo stesso tempo più personaggi femminili, tutti immaginati dal poeta che si strugge per l’amore di una donna che spesso lo tradisce.
Nonostante egli condivida con altri celebri poeti elegiaci del passato, l’argomento amoroso e la scelta del genere, per Ovidio l’amore è come un’avventura, un gioco fatto di ironia. Egli procede in questo corteggiamento senza mai poter ottenere una definitiva conquista e senza un vero e proprio sentimento di amore alla maniera di Catullo per cui la vita e l’arte poetica ruotavano attorno all’amata. Egli non implora Corinna nemmeno di mostrargli fedeltà e chiede al marito di prendersene cura ma, al contempo, la invita a non essere informato dei suoi vari tradimenti.
Le Heroides (25-16 a.C.)
Allo stesso periodo di composizione degli Amores appartengono anche le Heroides che testimoniano il passaggio dall’elegia erotico-soggettiva a quella erotico-mitologica. Il primo nome conferito all’opera dovrebbe essere stato Epistulae heroidum (Lettere delle eroine) e si tratta di ventuno lettere poetiche di argomento amoroso.
Nelle prime quindici eroine della mitologia si rivolgono ai propri amanti o mariti, come per esempio Penelope a Ulisse, Briseide ad Achille, Fedra a Ippolito, Arianna a Teseo, Medea a Giasone, Saffo (l’unica figura storica e non mitologica) a Faone. Le ultime sei, invece, sono tre lettere di Paride, Leandro e Aconzio accompagnate dalle rispettive risposte femminili di Elena, Ero e Cidippe.
Questo è forse il risultato letterario più moderno dell’autore perché in grado di far luce sull’inconfessabile psicologia femminile e di accordare un carattere umanizzato alla donna mitologica, protagonista centrale dell’intera opera. Ovidio racconta la figura della donna con una verità e un approfondimento sentimentale che non contribuiscono a idealizzarla solennemente, bensì ad accostare la sua indole a quella delle donne romane contemporanee dell’autore.
L’Ars amatoria (1 a.C.-1 d.C.)
Per la composizione dell’Ars amatoria Ovidio si serve di un nuovo genere rispetto a quelli esistenti: l’opera continua a presentare i contenuti smaliziati della sua poesia, ma in una forma precettistica, come se l’amore fosse un’arte da poter apprendere. Come viene spiegato nell’incipit dell’opera, l’obiettivo generale è che il lettore o la lettrice possano diventare esperti ed esperte nella vera e propria arte di amare.
L’Ars amatoria è stata scritta tra l’1 a.C. e l’1 d.C. e si compone di tre libri in distici elegiaci così strutturati: il primo e il secondo sono rivolti agli uomini a cui si spiega rispettivamente la conquista delle donne (dai principali luoghi di incontro fino all’ottenimento dei favori) e il modo opportuno per far perdurare la relazione (intelligenza, amabilità e anche furbizia nel nascondere l’infedeltà). Il terzo e ultimo libro, invece, è indirizzato alle donne con lo scopo che anche quest’ultime possano riuscire nella conquista tramite i giusti abiti, l’abilità di nascondere i propri difetti e la passione per l’arte.
Il titolo è un riferimento al primo verso dell’opera e contemporaneamente sembra parodiare le “arti d’amare” della filosofia greca e l’arte oratoria di ambientazione latina. Alcuni dei concetti presenti erano già stati accennati negli Amores della quale si riprende anche il carattere giocoso e avventuroso della relazione romantica. Oltre a ciò, il rimando alla storia e alla mitologia sembrerebbe anticipare l’opera successiva, intitolata Metamorfosi.
Le Metamorfosi (8 d.C.)
Le Metamorfosi (Metamorphoseon libri XV), ovvero il poema delle trasformazioni, si presenta in quindici libri in esametri e fu composto intorno al 3 d.C.. Al suo interno vengono raccontati circa duecentocinquanta miti: la narrazione si articola con la trasformazione dei personaggi mitici in natura vegetale o animale o in forme inanimate fino all’apoteosi di Cesare e alla glorificazione di Augusto. Ancora una volta il tema prediletto dall’autore sembra essere l’amore, non quello romano già cantato in altre produzioni, bensì un amore trasposto nella leggenda e nella mitologia. Di seguito un breve riassunto degli argomenti dei vari libri.
- Nei primi due libri viene affrontata la creazione del cosmo e del genere umano, la successione delle quattro Età dell’uomo consecutive all’età dell’oro, la storia di Deucalione e Pirra, il mito di Apollo e Dafne (trasformata in alloro) e il mito di Diana e Atteone (invece mutato in cervo).
- A partire dal terzo libro si raccontano gli avvenimenti dell’età eroica in cui sono numerosi gli episodi di vendetta da parte delle divinità nei confronti degli esseri umani: la pietrificazione della regina Niobe ad opera di Apollo e Diana, la trasformazione in ragno di Aracne per volontà della dea Minerva.
- Dal sesto all’undicesimo libro, invece, l’attenzione si sposta sugli esseri umani e sulle loro passioni, particolari al punto da essere causa di insostenibili dolori e da non far intendere la metamorfosi come punizione di un dio come nella vicenda di Tèreo, Procne e Filomena.
- Infine, nei libri rimanenti, si fa maggiore ricorso a contenuti prettamente leggendari, come la fuga di Enea e il suo arrivo in Italia e varie leggende della Roma primitiva che culminano nell’apoteosi di Cesare e la celebrazione di Augusto.
Viste la scelta metrica e l’estensione dell’opera, il poema può effettivamente dirsi “epico”, anche se non viene descritta una sola vicenda né vi è alcuna correlazione tra una trasformazione e le seguenti. Il criterio di abbinamento tra le singole narrazioni risulta variare continuamente: da quello geografico a quello cronologico e a quello genealogico, con una continua alternanza di ricorso alla varietà e all’analogia. L’accostamento tra i vari episodi narrati viene operato secondo la tecnica dell’incastro poiché sono tante le divagazioni che l’autore fa tra lo sviluppo di una vicenda e l’inserimento di una nuova al punto che, in più occasioni, la narrazione si sospende per poi proseguire in un libro successivo.
Potrebbero essere tante le fonti a cui Ovidio attinse per la stesura dell’opera: raccolte di miti presenti già al suo tempo, la letteratura di Callimaco ed Eratostene che avevano spesso affrontato il tema della trasformazione, la Teogonia di Esiodo e, ancora, il tema mitico della trasformazione presente già nel mondo latino con Emilio Macro, Catullo e Virgilio.
I Tristia e le Epistulae ex ponto (8 d.C.-17/18 d.C.)
Si tratta di due raccolte di lettere poetiche in cui il soggetto della narrazione è Ovidio stesso e l’argomento trattato non è amoroso, bensì autobiografico.
I Tristia si configurano come una raccolta di cinquanta elegie in cinque libri in cui la condizione permanente dell’autore sembra essere quella del lamento doloroso e melodrammatico. I libri sono così organizzati:
- Nel primo è contenuto il momento del distacco dalla città di Roma e il ricordo dell’ultima notte precedente all’esilio, ma anche il viaggio e l’incontro dei cittadini di Tomi.
- Il secondo libro coincide perfettamente con una sola elegia in sua difesa il cui destinatario è proprio Augusto.
- Infine, negli ultimi tre, pur rimanendo sullo sfondo la condizione di solitudine e di lontano confinamento del poeta, si trovano una serie di elegie rivolte alla moglie o agli amici che potrebbero permettergli di ottenere il perdono da parte di Augusto.
Le Epistulae ex Ponto, pur mantenendo la forma epistolare della precedente opera, presentano delle leggere modifiche che riguardano soprattutto la forma espressiva dell’opera e non il suo contenuto interno. Innanzitutto il destinatario viene ora esplicitato, in virtù di un tono molto più rilassato da parte dell’autore, e poi la struttura risulta meno schematica e rigida. In linea generale, vengono affrontate allo stesso modo le tematiche dell’esilio, dell’emarginazione e della solitudine: la stessa solitudine che l’autore rintraccia anche nei nuovi luoghi che egli si trova ad abitare, della lontananza dall’attività poetica e sociale romana e della nostalgia.