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LA SCAPIGLIATURA
Il ritardo culturale dell’ Italia
L’Italia del secondo Ottocento presenta un notevole ritardo culturale rispetto all’Europa occidentale. Il linguaggio lirico risente ancora del petrarchismo e del classicismo d’impronta fondamentalmente razionalistica. Il nostro maggiore poeta degli anni Settanta e Ottanta è Carducci – tradizionalista sotto il profilo stilistico – ma alcuni temi della moderna poesia europea penetrano, già nel decennio 1860-1870, a Milano e a Torino (le due città più avanzate da un punto di vista economico, sociale e culturale) grazie al movimento della Scapigliatura.
Il «maledettismo» degli Scapigliati
Con il termine “Scapigliatura”, che traduce il francese bohème (letteralmente: boemo, zingaro, nomade), si è indicato un gruppo di giovani poeti e scrittori, tra cui Emilio Praga, i fratelli Arrigo e Camillo Boito, Carlo Dossi, Iginio Ugo Tarchetti (p. 76) e, a Torino, Giovanni Faldella e Giovanni Camerana. Critici nei confronti della tradizione romantica, vissero un’esistenza trasgressiva e disordinata.
Il movimento non diede luogo a una poetica organica e la sua importanza risulta più sul piano storico che teorico e artistico. La Scapigliatura si presenta in effetti più come un passaggio intermedio, poiché non presenta
Gli atteggiamenti «maledetti» di questi artisti e la loro volontà provocatoria e scandalistica, testimoniano quanto gli strumenti culturali ed espressivi delle passate generazioni fossero divenuti inadeguati per esprimere le complesse trasformazioni del mondo moderno (in particolare, essi si scagliano contro l’arte di Manzoni, emblema di costumi, tradizioni e sentimenti che facevano parte del passato e che non interpretavano più il presente).
La «perdita d’aureola»
La loro ribellione è altresì legata alla consapevolezza della nuova condizione di inutilità e di emarginazione del letterato nella società borghese, dominata da banchieri e commercianti. La polemica di Arrigo Boito, invece, oltre alla moderna metropoli creata dalla borghesia industriale, investe anche la scienza positivista e il progresso, come nella lirica Lezione di anatomia.
I temi e lo sperimentalismo formale
I temi fondamentali della letteratura scapigliata sono il dualismo tra ideale e vero, tra purezza e sensualismo, tra bellezza e morte (tipici di Baudelaire); e ancora, il gusto del macabro, il senso del mistero e dell’ignoto (desunto dallo scrittore americano Edgar Allan Poe e poi ripreso dal Decadentismo), la corruzione della vita moderna, la mancanza di ideali (tematiche comuni ai narratori veristi), la violenza. Questi temi, però, non sono affrontati in profondità, non si fondono, restano giustapposti e privi di un’autentica carica innovativa, con esiti artistici non all’altezza dell’impegno polemico. Anche sul piano espressivo l’originalità risulta artificiosa, il lessico, l’uso del simbolo e il tentativo di una poesia affrancata dai vincoli della metrica non creano effetti autenticamente evocativi.
Denominatori comuni del gruppo furono:
- la giovane età,
- una vivace intelligenza,
- un atteggiamento di netta indipendenza dalla società del tempo, della quale si respingevano gli orientamenti letterari, artistici e ideologici (in particolare il positivismo e la fiducia nella scienza, cui si contrapponevano l’occultismo e il paranormale).
Questi tratti emergono nell’”identikit” dell’artista scapigliato che Cletto Arrighi disegna nell’introduzione al romanzo che dà nome al movimento: La scapigliatura e il 6 febbraio (1862).
Un importante autore scapigliato è Iginio Ugo Tarchetti, la cui opera più significativa è “Fosca” (incompiuta a causa della morte dell’autore). Nel romanzo è evidente il dualismo tra il personaggio di Fosca e quello di Clara (dualismo che si evince anche dai loro nomi parlanti). Il tema del fascino del male è evidente: nonostante il protagonista sia consapevole della decadenza fisica e morale di Fosca, ne è attratto. Avviene quindi un rovesciamento dello straniamento che anticipa il Verismo: ciò che è “strano” diventa “normale”.